UTOPIA
Utopia è il quarto album in studio del rapper americano Travis Scott.
ISCRIVITI A MUSICZONELa produzione è stata curata da diversi produttori, tra cui gli stessi Scott e James Blake, WondaGurl, Kanye West, Allen Ritter, Guy-Manuel de Homem-Christo, Wheezy, Pharrell Williams, Buddy Ross, Vegyn, 30 Roc, Jahaan Sweet, Boi-1da, Vinylz, Tay Keith, BNYX, Oz, the Alchemist, Dom Maker, Illangelo, DVLP e Metro Boomin.
Nell’universo del rapper statunitense ci sono anche cinema, moda, arte. Utopia è un’opera colossale, che richiede attenzione per essere apprezzata, e potrebbe non riceverne abbastanza. Travis Scott in realtà è Jacques Bermon Webster II, ha 32 anni, è nato a Houston ed è cresciuto in un contesto familiare neanche malvagio, per quanto per finanziarsi la carriera abbia subìto la scomunica da parte dei genitori, che non lo volevano musicista; su Spotify è un peso massimo da 56 milioni di ascoltatori al mese e ha una discreta presenza nello star system mondiale, ma al contrario di tanti colleghi che sembrano avatar digitali vanta già una dimensione live che è, appunto, leggenda.
Per questo, ha preparato una campagna di marketing talmente colossale e curata da diventare parte integrante dell’opera artistica, tra cinque copertine, un live alle Piramidi di Giza (mai andato in porto, ma ora dovrebbe recuperarlo a Pompei, se tutto fila liscio), una capsule collection e un film di cui è attore e regista insieme a rivoluzionari del cinema come Gaspar Noé, Valdimar Jóhannsson, Harmony Korine e Nicolas Winding Refn. Perfino la scoperta dei featuring è stata un evento: la lista racconta uno strapotere raro, va da Drake e Bad Bunny a The Weeknd, Beyoncé, SZA e Bon Iver, però non è mai stata annunciata esplicitamente e la sorpresa sta tutta all’orecchio dell’ascoltatore. E d’altronde è sempre stato così, con lui.
Come in parte testimoniava il concerto di Milano, c’è una galassia intorno alle sue canzoni. L’espressione che si usa di più, e giustamente peraltro, è “visione artistica”: Travis Scott ha una “visione artistica” della musica, che supera il concetto di brani, dischi e tour e diventa un’estensione della sua personalità, in parte su modello del padrino Kanye West, che l’ha scoperto e lanciato, nonché un fatto sociale che ha legami con il cinema e la moda, appunto, o che per esempio nel 2020, in pieno lockdown, è passata per un concerto in streaming sul videogioco Fortnite.
Utopia è un lavoro perfino coraggioso rispetto a ciò che ci si sarebbe potuti aspettare: stavolta lo spettacolo non lo fa il pubblico, non lo fanno gli accessori, ma la musica stessa. Una musica che chiude i conti con la trap di cui pure lui è stato campione d’incassi, e chiude i conti in generale con il passato e con i suoni morbidi; si riconnette quindi alle radici, soprattutto attraverso una sorta di alternative hip hop e trip hop che ha proprio in Kanye West il riferimento principale nelle produzioni, le quali oltre allo stesso Ye (!) coinvolgono nomi come James Blake e Metro Boomin. Ma questo non significa che stiamo parlando di un’opera elitaria.
È che dentro, semmai, c’è una voglia di sperimentare per lui inedita e perfino nobile nei riferimenti, che passa per una lista ambiziosa di diciannove tracce in cui diventa facile perdersi, dei testi in stile concept album (il senso è più o meno la ricerca dell’utopia e le contraddizioni umane, ma non siamo mai dalle parti dell’introspezione di Kendrick Lamar, e c’è comunque molto da divertirsi) o dei beat che pescano addirittura dalla psichedelia. Il resto lo fa la capacità di mettere insieme nomi distanti di solito da vedere l’uno di fianco all’altro, come per esempio Beyoncé e Bon Iver in Delresto (echoes) o ancora lo stesso Bon Iver con Sampha nel viaggio mistico di My eyes. Travis Scott li sceglie, li unisce e li fa giocare nel suo campionato; tradotto, Utopia crea un mondo, perché ciò che si ascolta qui non si sente altrove. Ed è un mondo scuro, gigantesco, da decifrare.
Il risultato è un’opera pop – in senso lato: cioè che visti numeri parla a tantissimi – che richiede tempo per essere apprezzata davvero in tutte le sue sfumature, e che da una parte può sembrare quasi uno spreco. Chiaramente, è così che il rapper statunitense ha voluto alzare il livello e l’opinione che si ha di lui come artista, da sempre percepito come visionario ma mai davvero “profondo”. Eppure, con i ritmi da fast food di oggi c’è il rischio, paradossale, che un disco così non attecchisca del tutto e non trovi l’attenzione che merita. Il fatto è che è così ben curato il contorno, ed è così facile dargli del genio senza neanche approfondire, che ci si potrebbe fermare già in superficie. In questo senso, l’invito è ad ascoltare con calma, senza fermarsi all’inizio. Travis Scott, di suo, sembra quasi provocare e voler rimettere la musica al centro di un meccanismo che ha innescato lui stesso, e in cui è tra i numeri uno. A noi, e alla nostra pigrizia, stargli dietro.
ISCRIVITI A MUSICZONELista Brani
- Hyaena
- Thank God
- Modern Jam (Ft. Teezo Touchdown)
- My Eyes
- God’s Country
- Sirens
- Meltdown (Ft. Drake)
- Fe!N (Ft. Playboi Carti)
- Delresto (Echoes)(Ft. Beyonce)
- I Know ?
- Topia Twins (Ft. Rob49 & 21 Savage)
- Circus Maximus (Ft. the Weeknd & Swae Lee)
- Parasail (Ft. Yung Lean & Dave Chappelle)
- Skitzo (Ft. Young Thug)
- Lost Forever (Ft. Westside Gunn)
- Looove (Ft. Kid Cudi)
- K-Pop (Ft. Bad Bunny & the Weeknd)
- Telekinesis (Ft. Sza & Future)
- Til Further Notice (Ft. James Blake & 21 Savage)