ATTA
ÁTTA, otto in islandese, è l’ottavo album in studio dei Sigur Ros.
ISCRIVITI A MUSICZONESono passati 10 anni dall’ultima volta che la leggendaria band ha pubblicato un album. Dieci lunghissimi anni in cui è, va da sé, accaduto praticamente di tutto. Dieci i brani, come appunto gli anni di attesa, per quello che la band ha definito “il disco più intimo ed emotivamente diretto realizzato fino ad oggi”. Parole ovviamente importanti, al netto del lancio di un’opera che ha l’ambizione di porsi come totalizzante di un sentimento di profondo malessere verso la contemporaneità e un mondo occidentale sempre più curvo su se stesso, tra guerre logoranti e crisi a gettoni.
Significativa è la ricomparsa del polistrumentista Kjartan Sveinsson dopo “l’addio” nel 2012, che quindi si riunisce al frontman Jónsi e al bassista Georg Holm. Stando alle parole del primo, l’intento è quello di “voler avere solo una batteria minima”, affinché “la musica fosse davvero scarna, fluttuante e bella”. Per poi proseguire: “Stiamo invecchiando e diventando più cinici, quindi volevo solo che ci commuovessimo in modo che provassimo qualcosa!”. Affermazioni che trovano d’accordo Sveinsson: “Volevamo permetterci di essere un po’ drammatici e andare lontano con questi arrangiamenti. Il mondo ne ha bisogno in questo momento. È difficile da descrivere, ma per me tutto è sempre aperto alle interpretazioni. Le persone possono pensare e sentire come vogliono”.
“Átta” riparte di conseguenza da un involucro che in qualche modo si era fratturato, mostrando fin dall’introduttiva “Glóð” un’armonia vera, o meglio: un’incantevole compattezza che in alcuni punti dell’album tocca anche quote paradisiache. Si assiste difatti alla riuscita di un afflato orchestrale che punta alla sospensione perenne, alla risalita come atto solo in parte divino, nella fattispecie umano, necessario in un contesto sociale rovinoso, in cui, stando ancora alle affermazioni della band islandese, nello specifico Hólm, la musica ha il dovere e soprattutto il potere di unire, al contrario, ad esempio, delle innumerevoli questioni etiche che negli ultimi tempi hanno impietosamente diviso gli animi: “È quello che la musica chiedeva e diceva da sé”.
ISCRIVITI A MUSICZONEIl primo singolo pubblicato, “Blóðberg”, diffuso con sessioni online e post su Instagram del gruppo omaggianti i vecchi album, evoca il ritorno alla madre terra, attraverso versi abbastanza esplicativi, “Kominn heim/ Fyrir frið og ró” (“Vieni a casa/ Per la pace e la tranquillità”). Mentre il suono, estremamente etereo alla maniera tipica dei Sigur Rós, tende a farsi minimalista, quasi un movimento ambient fluttuante. Tutto si solleva dal suolo solo nella seconda parte, con il canto in lontananza che crea nebulose e onde sottili. Le immagini del videoclip, diretto da Johan Renck, restituiscono un senso più profondo: un drone sorvola quello che sembra un deserto marziano, prima che cadaveri disseminati sotto le ombre di alberi rinsecchiti appaiano come foglie cadute, fermandosi sul ciglio di un burrone altrettanto sterile. È una visione che coincide con l’umore del trio Hólm, Jónsi, Sveinsson. E che finisce per cozzare con la musica al centro del piatto. La successiva “Skel”, ad esempio, espande in positivo il sentimento contrastante a monte, mediante un dondolio magico che riporta alla luce i migliori Sigur Rós. Gli archi ampliano ulteriormente uno splendente raggio d’azione in “Klettur”, dove compare addirittura una timida sezione ritmica a mo’ di battito cardiaco.
Inseguire la luce, tra giochi di specchi e ombre lontane, dona ai dieci movimenti di “Átta” un inedito equilibrio. A suggerirlo è anche la (magnifica) copertina: un arcobaleno bandiera viene attaccato ai piedi da un’esplosione di fuoco, a occhio e croce simile alle fiamme prodotte da un pozzo petrolifero, dissolvendo il suo contatto con la terra. Un’immagine potentissima, che sorregge l’anima di un disco che punta al ricongiungimento e all’alto, sfuggendo qui e là ai bollori in superficie. E che ha nel suo cuore, ovverosia “Mór”, il suo momento più carico di pace e solitudine, grazie a una preghiera maestosa. È come se i Sigur Rós avessero deciso di musicare l’abbraccio tra il miracolo della vita e il decadimento della morte. “Andrà” va oltre, superando la stratosfera, il sole e le stelle come ai tempi di “Ágætis byrjun”. Ne è prova anche “Fall”, la traccia meno “densa”, con il piano a reggere il pathos di un’emozione fuggiasca. La suite conclusiva, di fatto la title track, “8”, è divisa in due tronconi: ascesi ultima in attacco e a seguire mera dissolvenza (ci risiamo) in modalità ambient.
Registrato in più continenti, tra la casa di registrazione di Sundlaugin, i leggendari Abbey Road Studios e svariati studi statunitensi, “Átta” regala il ritorno, tanto insperato quanto riuscito, di una band inequivocabilmente epocale, che mostra dopo così tanto tempo il suo essere ancora musicalmente viva, dunque al di là di ogni epoca, buona o cattiva che sia. Il che non è affatto poco.
ISCRIVITI A MUSICZONEInsomma possiamo certamente che l’attesa ne è valsa la pena: fin dalle prime note, ATTA ci trasporta nel mondo unico di Jónsi, Georg Holm e Kjartan Sveinsson che a noi piace moltissimo
Lista Brani
- Glóð
- Blóðberg
- Skel
- Klettur
- Mór
- Andrá
- Gold
- Ylur
- Fall
- 8